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Il reimpiego dissimulatorio di proventi illeciti integra la condotta tipica del reato di autoriciclaggio

Di fronte ad un’imputazione per autoriciclaggio, il Giudice non può mai esimersi dall’operare una valutazione sulla capacità dissimulatoria espressa in concreto dalla condotta di reimpiego del provento illecito.

Invero, anche in sede di riesame della misura cautelare il giudicante, chiamato ad effettuare un accertamento, non può escludere la sussistenza del reato se le operazioni poste in essere dall’imputato sono concretamente in grado di ostacolare l’identificazione della provenienza dei beni.

Ciò indipendentemente dall’intervenuta tracciabilità dei proventi a seguito di attività d’indagine.

Questo è quanto statuito dalla seconda sezione penale della Cassazione con la pronuncia n. 16908 del 18 aprile 2019, ad ulteriore chiarimento riguardo gli elementi essenziali e sufficienti per integrare una condotta punita ai sensi dell’art. 648-ter.1 c.p.
Abbiamo commentato più diffusamente questa recente sentenza in un contributo edito sul numero di giugno 2019 della rivista online Sistema Società del Gruppo 24Ore (contenuto riservato agli abbonati).

Paolo Ghiselli

Difensore cassazionista del Foro di Rimini, che si è specializzato nella difesa tecnica di procedimenti per reati societari, anche attraverso l’esperienza maturata nella redazione delle note a sentenza per le riviste specialistiche del Sole 24 Ore.
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